Scelgo la libertà!

La politica e i suoi rappresentanti devono essere coraggiosi ma allo stesso tempo realisti. In questo senso devono dire chiaramente alla popolazione che cosa accadrà se il 27 settembre il popolo e i Cantoni dovessero dire sì all’iniziativa per la limitazione: gli Accordi bilaterali (pacchetto I) cadranno.

Alcuni amici, ancora tiepidi circa la possibilità di sostenere il testo in votazione, mettono in relazione la nostra situazione con ciò che sta avvenendo nel Regno Unito che ha voluto forzare la mano e si trova ora in una fase d’incertezza. Ma il paragone non è così semplice: la Svizzera è un piccolo Paese con un potenziale economico sovradimensionato rispetto alle sue reali possibilità. Ergo, non possiamo permetterci nessuna fase d’incertezza. Soprattutto in una delicata fase di ripartenza come quella che ci apprestiamo a vivere. Dobbiamo invece poter continuare a far capo a persone che (da sempre) provengono dall’estero. Donne e uomini – 1 milione negli ultimi 15 anni – che si sono integrati, che ci hanno aiutato a sviluppare la nostra economia, a far crescere il nostro benessere. Persone che hanno pagato imposte e contributi sociali. Un eventuale periodo di incertezza si preannuncia sin d’ora lungo e renderebbe la Svizzera meno interessante per gli investimenti, per la creazione di posti di lavoro, di ricerca sul territorio e di tutto ciò che fa crescere un Paese e di cui noi oggi abbiamo giocoforza bisogno.

È però altresì evidente che una delle maggiori preoccupazioni – per altro rafforzate dalle misure per combattere l’epidemia del coronavirus – è legata al mercato del lavoro: in particolare alla sostituzione di lavoratori indigeni con lavoratori immigrati e alla pressione sui salari. Se è vero che gli studi regolarmente pubblicati da Berna constatano che non vi sono tendenze alla sostituzione e nemmeno un fenomeno generalizzato di pressione sui salari, ciò non significa che non vi siano settori o regioni, come il Ticino, in cui questi effetti possono essere più evidenti.

E lì dobbiamo agire in modo mirato. Riscontriamo un problema di salari? Combattiamolo con gli strumenti che da sempre la Svizzera conosce: i Contratti collettivi di lavoro (Ccl). Infine, il 27 settembre votiamo sì o no alla disdetta dell’Accordo sulla libera circolazione (Alc) e dunque alla volontà di privarci di un diritto importante: quello di potersi muovere liberamente, nel mondo e in particolare nei Paesi dell’Unione europea. Io non ci sto.

Andrea Nava, segretario cantonale, laRegione, 23 settembre 2020